Rai: scontro in CdA sui tagli all’azienda, le dichiarazioni

raiIl Consiglio di Amministrazione Rai, votando a maggioranza una delibera che recepisce integralmente il mio ordine del giorno, ha dato mandato al Direttore Generale di attivarsi nelle sedi opportune per il ricorso contro i tagli al canone previsti nel decreto IRPEF“, ha dichiarato il consigliere Antonio Verro. “Ci tengo a sottolineare che questo voto non ha alcun valore politico, come invece alcuni vogliono far credere. Alla fine, in trasparenza, hanno prevalso solo ed esclusivamente gli interessi dell’Azienda e di tutti i lavoratori del servizio pubblico“.

Comunico le mie dimissioni dal Consiglio di Amministrazione di Rai Spa a seguito della seduta tenutasi oggi a Milano a margine della quotazione di Rai Way“. E’ quanto dichira il consigliere dimissionario Luisa Todini. “La mia decisione, che anticipa di qualche settimana le dimissioni che avrei comunque formulato entro fine autunno, è dovuta alla scelta, deliberata a maggioranza dal CdA odierno, di presentare ricorso contro la Legge n. 89 del 23/6/2022 (decreto Renzi), che all’articolo 21 prevede un contributo di 150 milioni a carico della concessionaria pubblica del servizio radiotelevisivo nel quadro della generale politica di spending review adottata dal Governo.
Ritenendo inaccettabile e irresponsabile tale decisione del consiglio di amministrazione, a cui ho sempre dato durante il mio mandato un contributo autonomo e in una pura logica di interesse dell’azienda e del servizio pubblico, ho ritenuto doveroso dissociarmi in modo definitivo annunciando le mie dimissioni immediate. 
Peraltro grazie al percorso individuato dal decreto è stata attuata in tempi rapidi la straordinaria operazione di RaiWay.
Mi auguro che questa sia l’occasione finalmente per imboccare un processo di radicale revisione della governance di Rai che porti gli amministratori (inclusa la figura, ora non prevista, dell’AD) a rispondere all’azionista e non ai partiti.
Per quanto riguarda il compenso percepito in qualità di consigliere Rai a decorrere dalla mia nomina a presidente di Poste Italiane comunicherò a breve, come ho già dichiarato, l’elenco delle liberalità da me erogate in beneficenza, di pari importo all’emolumento ricevuto quale membro del cda.
Ringrazio il presidente e il direttore generale insieme a tutto il cda, il collegio sindacale e coloro che hanno collaborato durante il mio mandato“.

Il nostro voto a favore del ricorso contro il decreto che ha distolto dal bilancio del servizio pubblico 150 milioni di canone Rai già versato dai cittadini è stato un atto dovuto, per rispetto delle regole a cui tutti, anche il governo, devono attenersi. Non è un voto contro il risanamento della Rai, che abbiamo appoggiato, nei fatti, in ogni modo”. A dirlo unitamente i consiglieri d’amministrazione Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi
Ripercorriamo brevemente i fatti: è necessario, per contrastare la propaganda che ha presentato il prelievo sul canone come un “taglio agli sprechi”. Con Decreto legge 66/14 convertito dalla legge 89/14 all’art. 21 co 4 si stabilisce che «Le somme da riversare alla concessionaria del servizio  pubblico radiotelevisivo, di cui all’articolo  27,  comma  8,  primo  periodo, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, sono ridotte, per l’anno  2022, di euro 150 milioni». In altre parole, una parte del canone (una “tassa di scopo”) che i cittadini hanno versato perché andasse a finanziare il servizio pubblico, non altro, e per legge il Governo avrebbe dovuto versare alla RAI, è stato trattenuto dall’esecutivo e indirizzato verso altre destinazioni. Sottrarre il canone già versato è una violazione delle regole poste a tutela dell’indipendenza del servizio pubblico dall’esecutivo. La tv pubblica è finanziata con un’apposita “tassa di scopo” nella maggior parte dei paese europei proprio per non renderla direttamente dipendente dalla generosità, o meno, del governo di turno.
Il prelievo forzato dei 150 milioni sui ricavi attesi avrebbe creato un forte passivo nel bilancio Rai a fine 2022. Per evitarlo, si è provveduto alla cessione di una parte consistente della proprietà della controllata Rai Way, la società delle “torri” che permettono la diffusione delle trasmissioni sul territorio. La quotazione ha avuto ottimo esito. Ma non è stata un’operazione esente da rischi. Consapevoli della difficile situazione economica in cui versa tutta l’Italia, come consiglieri di amministrazione abbiamo sempre condiviso la convinzione che anche Rai dovesse fare la sua parte. Ben prima del decreto, a partire dal luglio 2012 abbiamo partecipato a una gestione Rai che, ancora nella primavera del 2022, è stata pubblicamente lodata dallo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, cioè il nostro azionista, per i risparmi realizzati e l’opera di risanamento compiuta. Abbiamo sostenuto l’operazione della quotazione in borsa di Rai Way e una serie di iniziative e progetti di razionalizzazione come la profonda ristrutturazione delle testate giornalistiche.
Dopo aver affrontato e scongiurato il rischio dei conti in rosso, si è riproposto con urgenza un problema di rispetto delle regole e di tutela del patrimonio aziendale. A partire da giugno, il consiglio d’amministrazione ha sottoposto il decreto, e la conseguente legge, a ben quattro giuristi, perché valutassero se, come pareva a molti, essi presentavano caratteri di incostituzionalità, I quattro autorevoli giuristi interpellati (prof Cheli, prof. Pace, prof. Pollice, prof. Luciani) hanno concluso considerando rilevante e non infondato il sospetto di incostituzionalità.
Alla luce di questi elementi, il voto a favore del ricorso è un atto a tutela del patrimonio aziendale, e insieme un gesto che vuole ribadire la necessità della massima chiarezza e rispetto delle regole, a partire dai principi della Costituzione, tra Rai e governo. Ci siamo impegnati per il risanamento, ma come amministratori non potevamo restare inerti davanti alla necessità di verificare se un provvedimento che ha inciso così profondamente sulla Rai sia o meno incostituzionale. Ci siamo spesso chiesti cosa sarebbe accaduto se fosse stato un altro governo, per esempio un governo Berlusconi, a sottrarre alla Rai una parte del canone già versato dai cittadini: crediamo che in molti settori della società vi sarebbe stata una vivace opposizione. Ma l’indipendenza del servizio pubblico dall’esecutivo, tutelata anche attraverso il canone destinato a finanziarlo, è un valore da tutelare a prescindere da chi è al potere. Non bisogna creare pericolosi precedenti“.