Chiude la Mivar, azienda italiana produttrice di televisori

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Era la marca più venduta e acquistata. All’epoca possedere una Mivar in casa era binomio di qualità-affidabilità. Ora la crisi economica rischia di far scomparire una delle più belle realtà industriali italiane. A Carlo Vichi, 90enne patron della Mivar, piange il cuore vedere i suoi due stabilimenti chiusi: il primo in Via Dante, quello storico, e l’altro all’interno del Parco del Ticino.

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Carlo Vichi patron della Mivar (Milano Vichi Apparecchi Radio)

Dalle colonne di Repubblica l’amarezza è tanta: la difficoltà di tener testa a colossi internazionali come i giapponesi e cinesi ma anche un desiderio per la sua gente. “Ho un sogno. Poter dire ricominciamo a quanti ho detto: è finita”. L’intenzione di Vichi, che negli anni d’oro aveva circa 700 dipendenti e produceva quasi un milione di televisori l’anno, è di riveder in attivo la sua creatura tanto cara: “Se una società di provata serietà accetta di fare televisori in Italia, io gli offro la mia nuova fabbrica, pronta e mai usata, gratis. Non voglio un centesimo. Ma chiedo che assuma mille e duecento italiani, abbiatensi, milanesi. Questo chiedo. Veder sorridere di nuovo la mia gente”.

La prima attività di produzione iniziò con l’assemblaggio di piccoli apparecchi radiofonici poi la costruzione dei CRT ed infine quelli LCD e LED ma la concorrenza è tanta. Ha speso per la sua azienda anima e corpo, come lavorare anche il sabato e la domenica, ma senza dimenticare gli enormi sacrifici economici pagando fino all’ultimo qualsiati tipo di tassa, come l’Imu, senza aver un debito. “Dal 2000 a oggi ho speso 100 milioni di euro - ha spiegato – per tenere in vita l’azienda. Non mi pento di nulla. È stato giusto così. Molti pensavano che con i risparmi mi facessi una casa. Ma io - conclude - ho fatto questo, immaginando tanta gente muoversi e che mi sorridesse”.