Empiriche riflessioni per sane meditazioni
Giorno tre : L’eleganza della tartaruga
Sì,lo so,il titolo riprende il più celebre “L’eleganza del riccio” dell’autrice francese Muriel Barbery. I lettori più acuti avranno notato che però si tratta di una bestia tanto diversa: nessuna reazione violenta con aculei,solo squame e tanto,tanto verde.Talmente tanto viscidume concentrato dentro pochi centimetri di carapace da rimpiangere il pungente aculeo assassino del nostro amico porcospino. Perché un animale così comune e sgraziato,brusco e lento nei movimenti,merita di fregiarsi di un titolo che non gli si addice né che la saggezza popolare gli ha mai attribuito? Materialisti.
Solo perchè brutto esteticamente,e viscido,e orribilmente verdastro,e rugoso,e inquietantemente anfibio,non vuol dire che l’animale non sia etologicamente intelligente e anzi,sopraffinamente elegante.Tutto ciò nasce da un insolito incontro con una tartaruga: certo,non si incontra una tartaruga con la stessa frequenza con la quale si ci imbatte in un essere umano,ma è senza dubbio un’esperienza migliore. L’animale era in vasca ed io l’osservavo dall’esterno,e lei osservava me a pelo d’acqua. La bestia scruta sospettosa l’estraneo che le si pone davanti e con fare sorprendentemente umano si aggira circospetta per prendere le giuste distanze.
Con fanciullesca soddisfazione tamburello contro la parete della vasca,dove l’animale ha appoggiato il capo e le zampe nell’intento di risalire il vetro liscio.
stato e ci sarà sempre,così per noi. Porsi con classe e disinvoltura di fronte all’immutabilità degli eventi è la vera sfida evolutiva. Le tartarughe l’hanno capito,noi esseri umani un po’ meno.
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